Archivi del mese: gennaio 2021

MACCHINARI, LOGISTICA, TRASPORTI, AUTO, ENERGIA, AGRO- PROCESSING ED EXPORT: INTERESSI ITALIANI INTERESSATI DAL LIBERO SCAMBIO IN AFRICA. “OCCHIO A”: SUDAFRICA, KENYA, GHANA, AFRICA DEL NORD. E COSTA D’AVORIO

Gentile Cittadino, Cittadina,

come anticipato riporto le interviste di Alberto Magnani a Marina Mira Ercole, consulente al think tank di “The European House Ambrosetti”, e ad Alberto Quintavalla, responsabile sales manager di Cft Group, sulle possibilità e sulle difficoltà del African Continental Free Trade Africa. Buona lettura!

Intervista 1. Marina Mira d’Ercole, “Macchinari e logistica tra i settori d’interesse”

Uno degli obiettivi dell’Acfta è aumentare l’attrattività del continente verso le imprese internazionali. Incluse quelle italiane, anche se bisognerà attendere “il medio periodo” prima che l’intesa dia i suoi frutti. Lo pensa Marina Mira Ercole, consulente al think tank ” The European House Ambrosetti”.

Quali settori potrebbero interessare le imprese italiane?

Vari. Il comparto dei macchinari funzionali all’industrializzazione interna, il packaging per garantire food security standard, ma anche tutto il settore della logistica e dei trasporti a partire dai comparti del ferroviario per il trasporto merci.

A proposito di trasporti: l’auto?

Anche l’automotive è un settore che dovrebbe svilupparsi per grandi cluster regionali, e farà da leva a una filiera locale di componenti. Infine tutto il settore energetico anche in vista dello sviluppo della green economy, le costruzioni e l’agro-processing e la cessione di tecnologie su vari fronti, dal digitale al know how di processo (ad esempio water management).

I Paesi da tenere d’occhio ?

Il Sudafrica, che incide sul 30%del Pil africano, il Ghana ma anche la Costa d’Avorio, il Kenya e i Paesi dell’Africa del Nord. La Nigeria è meno aperta di altre economie africane, ma per dimensione può avre un suo potenziale.

I limiti dell’accordo non mancano…

Credo che il problema piu’ grande, oltre alla complessità implementativa, siano le improvvise crisi politiche. Nessuno pensava ad una crisi così importante in Etiopia, o all’instabilità nel Mozambico del Nord, alla crisi dei Paesi del Sahel o l’irrisolta stabilizzazione della RDC.

La UE che ruolo può giocare ?

Può e deve posizionarsi come partner privilegiato. Non solo perché una maggior presenza e sforzo di cooperazione è di reciproco interesse economico, politico e sociale (si pensi al tema migratorio) ma perché c’è un tema di legame culturale che va coltivato. La Cina fa storia a sé, Russia e Turchia si inseriscono in Stati più fragili e sono quindi forze non certo unificanti. L’Accordo è un’occasione per ristabilire un rapporto.

Intervista 2. Alberto Quintavalla, “Il commercio interno aiuta il nostro export”.

Aberto Quintavalla è regionale sale manager di Cft Group, un gruppo di Parma che si occupa di impiantistica e confezionamento di alimentari. La società è già presente in varie aree dell’Africa nei settori di prima trasformazione, seconda trasformazione e packaging secondario in vari imballaggi come scatole in banda stagnata, lattine, pet e imballaggi flessibili. Nonostante la crisi del Covid, il mercato africano è valso il 155 del fatturato 2020 ed è in via di apertura una nuova fabbrica in Burkina Faso.

Che benefici vi aspettate dal debutto dell’African Continental Free Trade Area?

L’accordo può essere il volano che farà aumentare le quantità di export e il commercio tra Stati interafricani. Per un business come la prima trasformazione, la possibilità di esportare una commodity come il pomodoro concentrato o la purea di mango tra i vari Stati del continente africano e senza avere dazi all’importazione può favorire lo sviluppo di nuove realtà industriali e valorizzare l’enorme potenziale agricolo dei Paesi africani. Non va dimenticato che ad oggi il continente africano dipende molto dall’importazione di prodotti semi-lavorati da Cina (pomodoro concentrato) e India (purea di frutta tropicale).

Viceversa, che limiti vedete nell’accordo?

A mio avviso, il segnale di maggiore preoccupazione è la mancata ratifica da parte della Nigeria che è l’economia più grande e strutturata del continente. Senza la sua adesione l’area di libero scambio potrebbe avere un raggio d’azione limitato. Tanto per intenderci è come se all’interno della UE venissero a mancare le maggiori economie manifatturiere come Italia e Germania.

E sul fronte dell’implementazione?

Un’altra problematica è l’eccessiva burocratizzazione dei singoli Stati, che può rallentare il processo d’integrazione e ricezione delle norme, senza le quali si vanificherebbero i benefici portati dalla liberalizzazione del commercio.

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Acfta: il 1° GENNAIO E’ NATA L’AFRICAN CONTINENTAL FREE TRADE AREA: L’AREA DI LIBERO SCAMBIO PIU’ GRANDE DEL MONDO. OBIETTIVI E ATTUAZIONI

Gentile Connazionale, Gentile lettore/trice

auspicando di farLe cosa gradita, pubblico l’articolo apparso domenica sul quotidiano “Il Sole 24 ore”, sull’accordo che dovrebbe dare luogo al più grande mercato di libero scambio del mondo. 54 Paesi africani dovrebbero realizzare un unione doganale, abbattendo i dazi e armonizzando le regole. Questi gli intenti, ora ci dovrebbero essere le concretizzazioni. Da segnalare la non partecipazione dell’Eritrea e la mancata ratifica al trattato della Nigeria, che è l’economia più grande e strutturata del continente. Seguiranno due interviste.

PROVE D’INTEGRAZIONE TRA LE ECONOMIE AFRICANE

Alberto Magnani:

” Lagos e Accra, la capitale economica della Nigeria e quella effettiva del Ghana, distano meno di 500 chilometri fra loro. Eppure, la tratta può chiedere fino a un giorno di viaggio per le migliaia di commercianti che si muovono sulla rotta passando per Benin e Togo. Una routine “puntellata da ingombranti controlli di frontiera e richieste di mazzette”, spiega Mahamadou Diarra, professore di economia all’Università di Koudougou e consigliere del presidente del Burkina Faso, Roch Marc Christian Kaboré. Quella fra le due città è solo l’esempio di una delle barriere che dovrebbero essere smantellate dall’African Continental Free Trade Area: il maxi – accordo di libero scambio che includerà 54 dei 55 Paesi del continente (solo l’Eritrea si è tenuta fuori , mentre la Nigeria non ha rettificato l’accordo)), entrato in vigore il 1° gennaio 2021 dopo un ritardo di sei mesi a causa del Covid.

Si parla della più importante area free-trade che sia mai stata approvata su scala globale, con un bacino di 1,2 miliardi di persone e un Pil complessivo che si aggira sui 3.400 miliardi di dollari Usa. Il patto, orchestrato dall’Unione Africana e ratificato allo scorso dicembre da 34 Paesi, mira alla creazione di un mercato unico per la circolazione di merci e capitali, con una spinta all’industrializzazione che aumenti l’indipendenza delle economie e dei prodotti africani. Tra i pilastri ci sono la costituzione di un’unione doganale, l’abbattimento dei dazi sul 90% dei prodotti entro 2035, la liberalizzazione dei servizi chiave e il superamento delle barriere non tariffarie che intralciano il commercio interno al continente, riducendo le lungaggini burocratiche e incentivando una maggiore armonizzazione normativa. Il potenziale è sterminato, almeno sulla carta.

La Banca mondiale si è spinta a pronosticare un incremento di 450 miliardi di dollari Usa per l’economia africana entro il 2035 (+7%) con 76 miliardi di valore aggiunto per il resto del mondo. Le esportazioni, sempre secondo la World Bank, potrebbero lievitare progressivamente di 560 miliardi di dollari. Come? Il primo effetto benefico dell’intesa arriverebbe dal potenziamento degli scambi intra-africani, oggi schiacciati su valori minimi rispetto agli standard internazionali. “Tra 2010 e 2019, quasi il 90% delle esportazioni dell’Africa era diretto fuori dal continente. In Asia ed Europa la proporzione è inferiore al 40% – spiega Diarra dell’Università di Koudougou-. La riduzione dei dazi doganali e barriere non tariffarie permetterebbe di “creare” scambi di beni e servizi tra i Paesi africani, tanto più che il continente è molto poco sfruttato”.

L’incremento dell’export verso altri Paesi africani, fermo nel 2017 al 16,6% del totale, può un effetto-leva a favore di due tasti dolenti dell’economia continentale: industrializzazione e diversificazione. Sul primo fronte, ” l’aumento delle dimensioni del mercato permetterà alle imprese di penetrare in settori caratterizzati da economie di scala, in particolare in manifatturiero – spiega Diarra-. A lungo termine l’accordo, è uno strumento per la creazione di posti di lavoro dignitosi e quindi una buona leva per ridurre la povertà del continente”. Sul secondo, l’incremento di dimensioni di mercato giocherebbe un ruolo chiave nella trasformazione industriale.

“L’accordo – dice Diarra- – promuoverà la diversificazione verticale delle esportazioni dei Paesi africani, penetrando nelle catene globali dei valori e, magari, facilitando la rottura di monopoli e oligopoli nazionali”. Fin qui, però, si parla di obbiettivi. L‘Acfta è un esperimento inedito e rappresenta il culmine, simbolico, di un processo di integrazione che rientra negli obiettivi fondanti dell’Unione Africana. Ora si passa alla fase più ostica, quella dell’attuazione.

” E’ un’intesa che crea un momento politico importante e dà visibilità al processo di integrazione – dice al Sole 20 Ore, Sean Woolfrey, policy officer al think tank Ecdpm- Ma attuarlo significa approvare leggi e fare cambiamenti istituzionali. Non sarà facile”. Fra gli ostacoli ci sono infrastrutture fragili o del tutto assenti, burocrazie invasive e magari ostili all’apertura economica (si legga il caso della Nigeria nell’articolo a fianco), fino a un’instabilità politica cha va dall’escalation du violenze terroristiche in Sahel e Mozambico alle crisi di Paesi stabili, come l’Etiopia. Senza dimenticare la ferita aperta del Covid, la pandemia che prima ha arrestato la corsa più che ventennale del Pil continentale e ora, nella sua seconda ondata, si sta manifestando con numeri che preoccupano “anche” per un impatto sanitario meno evidente nel 2020.

Il paradosso, però, è che proprio la crisi pandemica potrebbe aver sortito un effetto – involontariamente – positivo: mettere in risalto i limiti della dipendenza dall’esterno e accentuare l’urgenza di un’ integrazione economica e politica. Come ha ricordato il presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo, una delle ambizioni della “nuova Africa” è diventare davvero autonoma.

Fonte: “Il sole 24 ore”, Domenica, 24 Gennaio, 2021, pag. 7., Anno 157°, Numero 23, http://www.ilsole24ore.com

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PER I GENITORI LE CUI FIGLIE E FIGLI RESIEDONO A LIONE. PER LORO C’E’ UN SERVIZIO DI ASCOLTO PSICOLOGICO GRATUITO CONTRO IL DISAGIO CAUSATO DALLA PANDEMIA.

Ho il piacere di informare i genitori italiani i cui figli e le cui figlie risiedono regolarmente nella circoscrizione di Lione, che il Comites della città  ha avviato un servizio di sportello di ascolto psicologico gratuito in italiano. 

Il difficile contesto dell’emergenza sanitaria può avere dato luogo a stati di sofferenza psicologica, tra cui la solitudine e un’acuta e persistente stato di tristezza e apatia , che potrebbero trovare conforto inviando una email a: sportellolione@gmail.com. Ogni persona ha diritto a due incontri bisettimanali gratuiti dal vivo o online con una delle due psicologhe professioniste, che hanno aderito all’iniziativa. Il progetto è promosso in collaborazione con il Consolato Generale di Lione ed è finanziato dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione.   

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AUGURI DI BUON ANNO

Le persone che lavorano al Vice Consolato Le porgono un sentito augurio di Buon Anno.
Con i migliori auspici ad ognuno e ad ognuna di Voi.
Mauro, Monica, Marcelle e Afnaire.

 

 

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